Cenni storici

Cenni storici

La musica nella storia

Se si cerca testimonianza delle origini della musica nei documenti antichi, ci si imbatte in un oscuro velo, il quale non ci consente di avere alcuna certezza in proposito. Un reperto antichissimo, che documenta una sicura attività musicale nel lontano passato, è un’ocarina a cinque fori, risalente al decimo millennio a.C.

Un dato accomuna, però, quasi tutte le antiche testimonianze: la musica è donata all’uomo dal Cielo, dalle divinità e non è frutto della ricerca umana. Sono quindi esseri soprannaturali che svelano all’uomo il grande arcano musicale.

Per gli antichi Egizi, la musica si esternava attraverso due valori principali in grado di influenzare l’uomo; il primo era puramente il potere di creare sensazioni fisiche, l’altro agiva, per mezzo di una forza conosciuta col nome di heka, capace di generare un vero e proprio incantesimo. Nell’antico Egitto, il sacerdote-mago era anche detto “il giusto di voce” perché era suo il compito di attirare le forze spirituali attraverso la perfetta modulazione dei canti. Era una conoscenza esoterica, gelosamente custodita e protetta. I sacerdoti egizi avevano elaborato dei modelli di melodia e armonia, incisi poi su delle tavole esposte nel tempio. Questi modelli non potevano essere modificati in alcun modo perché le leggi che li governavano, risalivano già allora a un’epoca remotissima.

Nella Cina antica, il suono e la musica avevano un così alto valore che il fondatore di ogni dinastia creava un nuovo tipo di musica, allo scopo di donare al suo impero la fisionomia voluta. In uno dei testi più importanti, il Li-Ki, vengono citati i diversi caratteri delle musiche create dalle varie dinastie. La musica era ritenuta in così alta considerazione che il governo se ne riservava la supervisione, prescrivendo le regole attraverso leggi generali. Il suono fondamentale, chiamato “Kung”, era stabilito appunto da queste leggi, e le dimensioni della canna che lo emanava erano incise sui pubblici monumenti, e servivano da punto di riferimento per tutte le misure applicate nel regno. Il celebre Kung-Tse (Confucio) riteneva che la musica fosse la disciplina che meglio potesse agire per modificare e migliorare i costumi del popolo. Il Chu-King, libro canonico di prim’ordine, racconta che l’Imperatore Chim, nominando un ministro che presiedesse alla scienza musicale, gli disse: “Io vi incarico di attendere all’insegnamento della musica: insegnatela ai giovani, per far sì ch’essi apprendano insieme la dirittura morale e la dolcezza, la finezza e la profondità, la bontà e il coraggio, la modestia e il disprezzo per i vacui divertimenti’anche i cuori meno sensibili ne vengono toccati, mentre l’uomo trova la via per comunicare con lo spirito”.

È interessante notare che alcuni tratti che formano l’ideogramma cinese di musica si trovino anche nel carattere Medicina e che gli ideogrammi di musica e di felicità siano pressoché uguali.

I Cinesi crearono la scala pentafonica (fa, sol, la, do, re) sulla quale venivano composte le melodie, sovrapponendo le quinte, molto prima di Pitagora. Nell’antica Grecia, Platone riconosceva nell’arte musicale una forte influenza sulle forme di governo, e non temeva di affermare come non si potesse cambiare alcunché delle regole musicali, senza effettuare un analogo cambiamento nella costituzione dello Stato. Egli afferma poi: “Uno Stato governato da buone leggi non abbandonerà mai al capriccio dei poeti e dei musicisti ciò che riguarda le basi dell’educazione musicale; regolerà anzi queste cose secondo le pratiche in uso tra gli Egizi, ove la gioventù è abituata a seguire ciò che vi è di più perfetto, tanto nella melodia quanto nella misura e nella forma del genere”. Lo storico Polibio, racconta come i Cineti, che non coltivavano l’arte musicale, fossero considerati ferocissimi, ed egli attribuisce la loro indole violenta proprio al fatto che non praticassero la musica. Orfeo, figlio di Apollo, il Dio greco della guarigione e della musica, era in grado di curare il corpo e l’anima con la musica generata dalla sua lira a tre corde, con la poesia e la medicina e col suo canto, ammansiva le belve, intercedeva presso gli dei e, addirittura, riportò in vita l’amata Euridice. Pitagora, per mezzo di suoni espressi nel suo sistema musicale, interveniva sulla mente e sul corpo dei suoi discepoli, creando in loro tranquillità e attivava, altresì, qualità paranormali che si esprimevano attraverso sogni profetici.

Si può ipotizzare una grande influenza di Pitagora su Socrate e Platone, il quale, prima di essere istruito dai sacerdoti babilonesi sui misteri della musica, dell’aritmetica e di altre discipline esoteriche, venne formato ai Misteri musicali in Egitto. Quando la civiltà greca fu nel suo massimo fulgore (epoca di Pericle, circa), comparve un nuovo genere musicale che frantumò le antiche regole classiche, la musica divenne disarmonica e nonostante il monito di saggi eruditi e musici tradizionali, il nuovo sistema si insediò nel tessuto sociale, scuotendone le fondamenta e culminando in una rivoluzione politica (404 a.C.). Il ‘vecchio’ dio Crono cedette lo scranno del potere al giovane Zeus, e non passò molto tempo che la Grecia decadde come potenza mondiale.

Nell’India antica, il mito del saggio Narada, che ricevette la scala musicale da Brahma come mezzo per riportare la creazione a Lui, e avvicinare gli uomini alla fonte primigenia, ci erudisce ancor più sulla natura divina dei suoni. Nei più antichi testi indiani (Gandarva Veda) si trovano i principi originali di quest’arte e i 72 ragas (tonalità) indiani, hanno il potere e lo scopo di intervenire sull’anima e, quindi, sulle malattie. L’OM, suono primigenio e creatore, se eseguito correttamente, ci ricorda il Canto Armonico tibetano o il canto mongolo, xoomij. Per gli indiani, l’intero universo nasce dal suono e dal suono dipende tutta l’attività umana.

In Etiopia, una leggenda afferma che nei tempi antichi l’uomo potesse solo cantare, ma in seguito, l’essere umano dimenticò le melodie e fu costretto ad accontentarsi delle parole.

Nella tradizione più antica, il musicista era anche medico e astrologo, nonché sacerdote-mago (Egitto, Assiria, Babilonia, Mesopotamia).
Molti altri esempi si potrebbero enunciare, ma sembra abbastanza lampante che, nella storia dell’umanità, la musica abbia ricoperto un ruolo di primaria importanza nella costituzione dell’uomo, come essere civile e sociale. Potremmo affermare che il suono sia capace di comunicare l’essenza primigenia in perfetta armonia con la nostra anima e con lo sviluppo dei valori divini.

Per poter comunicare il linguaggio musicale, l’uomo, nel tempo ha fatto uso di scale sonore. I suoni distribuiti in successione (appunto, le scale) ricoprono distanze chiamate intervalli. Per meglio intenderci, la distanza che divide due tasti bianchi vicini sul pianoforte è denominata tono, ed un intervallo di seconda maggiore, la distanza tra un tasto bianco e uno nero, sempre vicini, è chiamata semitono, ed è un intervallo di seconda minore. Le scale sono formate, quindi, da toni e semitoni, che distribuiti variamente, formano i modi e le tonalità.

L’attuale nostro modo maggiore è formato da una scala composta da due toni, un semitono, tre toni e ancora un semitono, che, curiosamente è identica al raga indiano, di millenni antecedente, chiamato Dhirashankarabaranam, composto dai significati “Shiva, valoroso e gioiello”. Questa scala è considerata energetica, propositiva e realizzativa, qualità che si possono riscontrare nella civiltà occidentale, a scapito, però, della sensibilità, e della intuitività. I modi, nell’antichità come ancora ai nostri giorni, hanno generato il “carattere” della musica, con la conseguente influenza sull’ethos umano.

In tempi remoti, secondo il pensiero e gli insegnamenti di Rudolf Steiner, sono esistite civiltà la cui sensibilità musicale si esprimeva attraverso particolari intervalli: i Lemuri vibravano all’intervallo di nona che percepivano come “pieno” così come gli Atlantidei rispondevano alla settima. I popoli che in seguito si avvicinarono ai suoni, nel periodo premodale, e soprattutto in India, circa 9.000 anni fa, con l’avvento di Rama, si sensibilizzarono all’intervallo di quinta. La Grecia antica (Tracia), ricevette il genere musicale dai Fenici. La “lirals” in Fenicio, indicava tutto ciò che è armonico e concordante, così designava la musica in genere, nonché il sistema musicale. La lyra orfica, a tre corde, stabiliva , quindi, l’accordo fondamentale e formante e generava il sistema dei tetracordi congiunti. Quattro suoni discendenti formavano i modi greci: Dorico, Frigio, Lidio e Misolidio. La sensibilità dei Greci era rivolta piuttosto all’intervallo di quarta.

I modi greci hanno influenzato per quasi due millenni la cultura musicale dell’Occidente e altri modi sviluppatisi anche nell’epoca post cristiana si possono far risalire al sistema Teleion greco.

L’Armonia musicale quale armonia celeste consentì ai Greci di unire ai suoni, che rappresentavano nel loro ordine la volta celeste mobile (i pianeti e non le stelle), i valori che i pianeti portavano in sé, ed era proprio questo che caratterizzava i sentimenti che le scale infondevano. Il modo Dorico, ad esempio, era sotto il dominio del sole e ne infondeva tutto il carattere, il modo Frigio apparteneva a Marte, di conseguenza era utilizzato per infondere coraggio in battaglia e forza virile.

Nel 139 d. C. nasce una figura che influenzerà col suo sistema la musica per 1.500 anni: Tolomeo d’Alessandria. Matematico, astronomo, geografo, fu, altresì, uno dei più brillanti teorici musicali di tutti i tempi. Dobbiamo a lui la nostra scala maggiore e il criterio d’intonazione detta “intonazione naturale”. Il sistema consiste nell’avvicinarsi il più possibile ai rapporti frazionari inerenti la serie delle armoniche, cercando, così, di soddisfare il più possibile la sensibilità dell’orecchio. Questo sistema consentiva, inoltre, nell’intonare una melodia, di comunicare una ricchezza e un’intensità espressiva impareggiabili.

Se la scala greca discendeva da Dio all’uomo, la scala Gregoriana, che si dipanava dal basso verso l’alto, consentiva all’uomo di riavvicinarsi a Dio. S. Ambrogio, nel 397 incominciò a organizzare il canto cristiano e nello stabilire le tonalità, adottò per una parte di esse, gli stessi nomi delle scale greche (Dorico, Frigio, ecc.) senza però far collimare la serie di intervalli nuova con quella più antica. Toccò a Papa Gregorio (s. Gregorio Magno), verso la fine del Cinquecento, il compito di ristrutturare il sistema musicale: riformò i canti ambrosiani, creò la “Schola cantorum” e diffuse in tutta Europa la sua arte. Fu propugnatore della musica “plana” che si esprimeva attraverso suoni lunghi e tenuti (canto armonico). Influenzò col suo sistema musicale anche le future costruzioni di abbazie e cattedrali: è risaputo, nell’ambito dell’architettura esoterica, che la cattedrale di Chartres, in Francia, nella sua struttura fondamentale e nei suoi intimi rapporti spaziali, risuonasse e corrispondesse al modo minore gregoriano di re. Solo alla fine dell’Ottocento il suo sistema viene soppiantato dalle innovazioni strutturali ideate da Ubaldo di S. Amando, che creò l’organum e il discanto. Questo seme genererà una pianta enorme: la polifonia.

Con Guido d’Arezzo, agli inizi dell’anno mille, si consolida e stabilisce la notazione della scala musicale. I nomi delle note vengono estrapolati dall’inno di S. Giovanni, e facendo tenere a memoria la prima nota di ciascun verso e la sua intonazione, gli riuscì con facilità di stabilire sei suoni a breve e regolare distanza l’uno dall’altro, così da costituire una scala fissa e una base sicura (ut, re, mi, fa, sol, la, si).

Nel 1517 nasce Gioseffo Zarlino, il quale, attraverso i suoi studi, propugnò l’intonazione mesotonica (terza maggiore abbassata, come si può trovare nella sequenza degli armonici). Questo tipo di intonazione è antagonistico con quella pitagorica.

Nei tempi seguenti, si sviluppa la polifonia che ci porterà alla sensibilità della terza, il cui immenso maestro e artefice è stato Johann Sebastian Bach. Nello stesso periodo storico, si sviluppa il sistema temperato, che consente al musicista di poter passare da una tonalità all’altra, anche lontana, senza avere suoni fortemente “scordati” come accadeva nel sistema di intonazione mesotonica. Questo sistema è applicabile a tutti gli strumenti a tastiera, ed è il naturale approdo ad una necessità polifonica sempre più spinta. Tale sistema, che è ancora attuale e usato per tutte le tastiere, assegna ai tasti neri delle stesse due suoni: ad esempio, il do# è uguale al reb.

Se da un lato la polifonia porterà l’intelletto umano a un livello superiore e il sistema temperato ha trasmesso verità che sarebbero andate perdute, va comunque segnalato che la sensibilità agli intervalli puri verrà via via inquinata, e la conseguenza sarà, nel tempo, la dissoluzione della tonalità. Col passare dei secoli, il sistema o modo viene modificato. Nuove forme vengono sperimentate fino ad arrivare al ‘900, secolo che vede la disgregazione della tonalità a favore di una serie di 12 suoni che non hanno più riferimento con una gerarchia sonora di base. Nasce la dodecafonia ideata da Schomberg, che permetterà di sperimentare nuove forme musicali e sonore, e nel tempo, l’apparente disgregazione della tonalità condurrà (cosa che sta già accadendo) alla riscoperta ancor più profonda della tonalità stessa: l’uomo non può allontanarsi per troppo tempo dall’Armonia, deve forzatamente, se vuole ben vivere, comprendere il naturale ed adeguarsi. Alla fine tutto ciò che esiste è giusto e perfetto.

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